giovedì 29 marzo 2018

Appunti #9

Era più di un anno fa, molto più... che bello lo scorrere del tempo, grazie al cielo!

“Maledico la tua anima
Che il male che mi hai fatto ti perseguiti per sempre
Che tu possa vedere negli occhi delle tue donne i miei carichi di dolore e sofferenza
Che tu possa non dimenticare mai il frutto delle tue azioni”
Poi ti fermi, capisci che non serve a niente e non maledici nulla, non auguri niente di tutto ciò.

La strada è ancora lunga e in salita ma intanto ci lavori sopra, ti prendi cura di te e ti vuoi bene anche rileggendo certe cose...

Addio mio dolce amore inesistente, frutto della mia immaginazione e dei tuoi raggiri.
Amerò per sempre un uomo che non è mai esistito se non nella mia testa.
Con lui di notte farò l’amore in sogno e mai carne umana mi darà lo stesso conforto.
Non esiste porto sicuro per la mia fragilità.
Non vi è petto al mondo pronto a farsi casa per me.

Pura illusione e dolore atroce sei stato per me, sei un bravo giocatore e io non ho saputo leggere le carte. Piango la perdita di qualcosa che non ho mai avuto, ho solo creduto fosse mio ma non era così, non lo è mai stato.
Il mio principe non è di questo mondo.
Non credo più nell’amore.
Non credo che il tempo curi le ferite, ti abitui solo a convivere con esse.
Il tempo ti rende più dura e crea una distanza
Non credo che la morte porti a qualcosa d’altro, la morte è solo morte, è la fine di tutto, è nulla


venerdì 9 febbraio 2018

Appunti #8 - Attimi di incosapevolezza

E poi arriva lui, figlioccio del dio Sole (niente a che vedere con suo padre ma quanto basta per renderti incapace di intendere e volere… se non altri che lui), che ti porta a fare un giro nel suo carro, ti riempie di lodi e belle parole, di quelle che ti accarezzano l’anima e anche se non fanno battere il cuore il loro soffio leggero è così piacevole…
Tu pari dipinta ai suoi occhi (ti dice proprio così), tu adori ogni sua curva e insenatura (nessuno - ti dice - l’aveva mai descritto in questo modo), rapiti dalla chimica del momento non sapete più dove finisce uno e inizia l’altra…
Odi parole che non avresti dovuto sentire come “amore” (seguito da un “non mi è uscito per sbaglio”, che forse è anche peggio), “tu sei mia” fino a un “questo non è solo sesso, è altro, è qualcosa di più, è molto meglio” che ti dice sottovoce quando smette di … per abbracciarti stretta stretta e tenerti ancorata al suo petto.
Poi scompare nel nulla il mattino seguente. Un bacio fugace e via, ognuno per la sua vita. Nessun segnale, neanche di quelli di fumo, semplicemente non esisti più. Ecco il problema forse è proprio questo: non esistere per l’altro. Il non aver lasciato probabilmente traccia. Non c’era una storia, né doveva nascerne una (se non di fuggevoli incontri rimessi alla clemenza del dio Tempo e della salvifica distanza) ma il silenzio assoluto ha reso tutto squallido e triste.
Non un cenno, una conferma, una battuta a caso come semplici amici - “sono stato bene con te, ciao come va?, che hai fatto oggi?, ci si sente presto, prossimo mese forse capito dalle tue parti” – o qualunque cazzata del genere, che forse avrebbe reso tutto più facile e indolore. 
Saluti e parole che si sarebbero affievoliti con il tempo, questo avresti preferito, lo so.
Una storia appesa lì, che poteva fare capolino ogni tanto o semplicemente svanire, ma che nel ricordo poteva scaldare il cuore.
Invece pensi solo di non essergli piaciuta abbastanza, non tanto da cercarti ancora, non tanto da avergli toccato il cuore, o forse troppo da averlo spaventato…
Amara consolazione se il risultato è che di quella magia non è rimasto più nulla. 
Forse non era magia ma perizia e strategia da parte di lui (ma a che scopo? Non ce n’era bisogno, ti aveva già fatta sua! A maggior ragione se aveva intenzione di non rivederti) e ingenuità e desiderio da parte tua.
Qualunque cosa fosse è stato bello, tanto da desiderarne ancora e struggersi per la fame insoddisfatta.
Ancora un bacio, un bacio d’addio, un bacio da dio…

Ma non puoi, non vuoi cercarlo tu per prima e allora resti immobile e melanconica aspettando che il tempo svolga il suo triste compito.