venerdì 22 luglio 2011

Una valigia di libri

La mia vacanza sta per iniziare e mi rendo conto che in valigia manca la cosa più preziosa: un buon libro da leggere.
Ieri sono passata in libreria ed ho acquistato qualche titolo, ma ad essere sincera non so se ho fatto la scelta giusta:
La fine è il mio inizio (Tiziano Terzani)
Nessuno si salva da solo (Margaret Mazzantini)
Il cimitero di Praga (Umberto Eco)
L'eleganza del riccio (Muriel Barbery)

e poi, quale mettere effettivamente in valigia?
In due settimane non riuscirò di certo a leggerli tutti.
È incredibile sono insicura e indecisa anche su questo! Non ci posso credere.
 Martina svegliati, fai qualcosa!
Comunque se qualcuno dei miei esigui lettori (nessuno sa che esisto come Martina in un blog! È difficile e forse anche un po' stupido voler rimanere anonima e poi sperare che qualcuno mi legga) ha qualche consiglio o altri titoli sono qui, e sono tutta orecchi, o meglio tutta occhi visto che lo leggerò e non sentirò la sua voce.

Oggi sto meglio, ho avuto meno pensieri tristi rispetto a ieri e sono felice al pensiero che domani mattina i miei occhi si riempiranno d'azzurro! 

giovedì 21 luglio 2011

Il male di vivere



Questo per me è un periodo un po' strano.
Mi guardo allo specchio e vedo due occhi spenti, tristi, e non ne capisco il perchè.
O non voglio indagarlo fino in fondo.
Tra poco parto per le vacanze eppure non mi sento leggera, felice, carica di aspettative come solitamente avviene d'estate, la mia stagione, la stagione in cui prendo vita, divento più bella, divento più forte, il mondo mi sorride e io gli sorrido.
Sono solo stanca, stanca di vivere, o meglio stanca di vivere così.
Sento addosso tutta la fatica di vivere, e mi sento un po' Montale, anzi uno dei suoi Ossi di seppia, inutile guscio vuoto trasportato dal mare, prigioniera di un mondo che non si può ribaltare, dove cattiveria e mancanza di rispetto e dignità sono la regola del vivere quotidiano.
Le soddisfazioni non arrivano mai, solo tante batoste e macigni, che ogni giorno ti arrivano addosso e ti appesantiscono il cuore.
La stanchezza e la spossatezza invece sono sempre lì, pronte per l'appello della mia ennesima giornata priva di entusiasmo. Le uniche a farmi compagnia visto che lavoro da sola, in un ufficio fantastico ma eternamente sola.
Solitudine che in molti casi apprezzo ma che quando sono un poco poco giù mi uccide.

(Un giorno vi parlero della mia solitudine e di come sia per me una condizione permanente, da sempre. Anzi, se avete pazienza e vi va di intristirvi un po', ne scriverò presto in un altro post ).

Si dice che il lavoro nobiliti l'uomo, ma forse perchè ciò avvenga è necessario che qualcuno si accorga di quello che fai, che il tuo ruolo venga riconosciuto da qualcuno che non sia tu. Perchè abbiamo sempre bisogno di conferme (almeno io). Quindi il lavoro mi nobilita se qualcuno mi dice che lavoro faccio e per di più lo apprezza pure.
Troppo esigente vero?
E allora me ne torno nel mio cantuccio a soffrire una situazione che non sopporto con la rabbia di non poterla cambiare.
Non è così che volevo vivere.
Nei momenti di maggiore sconforto con serena lucidità immagino e quasi desidero che la mia vita finisca ora, o se non ora che almeno finisca presto, non ho più voglia di stare in questo mondo, dove non ho chiesto io di essere messa. Ma perchè tutto deve essere così faticoso?
Sento perfino di poter rinunciare alle mie piccole e private gioie quotidiane. Se non fosse che farei soffrire troppo i miei cari chiederei con insistenza a Dio di farmi morire, proprio come facevo quando avevo 10 anni.
Non mi ascoltò allora e non so se lo farebbe oggi.
Forse devo solo aspettare che mi passi e che mi si ricarichino le pile giuste, quelle del coraggio, della forza, della resistenza, della sopportazione che solo noi donne sappiamo tirare fuori.
Ma quando arriva la mia quiete?

Ops... sono stata interrotta e il filo dei miei pensieri si è perso. Pazienza, sarà per il prossimo post.
Intanto mi sento già vagamente meglio. Scrivere mi fa bene, è terapeutico.
Alla prossima

giovedì 14 luglio 2011

Mi sveglio e questo è ciò che trovo attorno a me

La tirannia promuove i mediocri


1)      Se vuoi essere tu il padrone, poiché non puoi fare tutto da te medesimo e ti sarà forza servirti dell’ opera de’ tuoi ministri, bada bene alla scelta. Un uomo che abbia principj e che operi in conseguenza non è da scegliersi, perché s’ opporrà alla tua volontà ogniqualvolta ella sia diversa da’ suoi principj. Guardati dall’ uomo virtuoso, fermo e che abbia l’ animo libero; egli cercherebbe di fare l’ interesse de’ popoli, ambirebbe la gloria, sacrificherebbe tutto alle sue idee e ti darebbe inciampo ad eseguire la volontà tua e ad agire da vero padrone.
2)      Anche i più infimi ministri, se non altro colle loro consulte e rimostranze, se sono di quella genia t’ infastidiscono e da esecutori che debbon essere degli ordini del monarca s’ erigono in consultori e correggenti. Lascia nelle biblioteche e sulle cattedre i letterati e i filosofi, e non ti lasciar seddurre dalle loro false attrattive; il popolo ha da obbedire e non da ragionare, i ministri sono stromenti passivi della sovrana volontà del monarca, una mente sola governa.
3)      Sceglierai adunque per tuoi ministri uomini che ambiscano la tua grazia sopra di ogni altra cosa, uomini che non abbiano nè beni di fortuna nè aderenze e che tutta in te solo collochino la loro esistenza. Gli uomini che sieno di vita illibata e irreprensibile sono sospetti perché sicuramente operano per principj. Un vizio ti è garante più sicuro della loro piena sommissione: chi ha debiti e non paga i creditori sicuramente sarà pontualissimo a ubbidirti per conservare la tua grazia e la carica concessagli, senza di cui sarebbe rovinato.
4)      Chi è libidinoso e molle sacrificherà tutto per conseguire l’ autorità che gli proccura occasioni facili per soddisfarsi. In somma chi ha delle magagne rispetta e obbedisce al medico; il vizio sarà il migliore garante di ogni altro della tua autorità. L’ uomo virtuoso è da tenersi ben lontano; i due Bruti per quella strada annientarono il potere d’ un solo, il quale non si radica e consolida se non colla corruttela. Se nella scelta ti sei ingannato, se scopri ne’ ministri che camminino senza inciampare e arditamente o al ben pubblico o alla gloria scacciali, non sarà mai troppo presto.
5)      Non ti consiglio però di scegliere persone infamate per la scostumatezza e che fossero screditate presso del popolo; ma ti consiglio di scegliere uomini mediocri, timidi, incerti ne’ principj, macchiati di vizi bensì ma con riserva, e tali che facciano eseguire quanto gli si ordina senza ambiguità alcuna. Gli uomini che pretendono allo spirito non sono buoni, meglio i pedanti; i filosofi poi sono la peste vera d’ ogni governo e se non giugni a screditarli, spegnili che sono pericolosi.
6)      Rispetto ai tribunali di giustizia lascia tutti gli imbrogli e le cabale come sono, perché i popoli quanto più temono tanto pensano meno e giova che in tutto dipendano dagli uomini anzi che dalle leggi. I giudici saranno venali, e perciò più paurosi in faccia del monarca, temendo un processo. I popoli costretti a raggirarsi per guadagnare il favore de’ giudici e quindi rivolgono la loro sagacità alla corruzione, base unica del potere arbitrario, e quindi s’ allontanano sempre più da quelle idee secche e precise della giustizia che potrebbero poi rivolgere contro del governo.
7)      L’ incertezza, l’ arbitrio, il maneggio lasciali in possesso de’ tribunali. Che se anco il popolo tumultuasse per cattiva amministrazione della giustizia, coll’ impiccare alcuni senatori tu lo calmi e ti acquisti fama di ottimo Principe, Padre de’ popoli. È bene che le persone in carica siano odiose e odiate; la moltitudine crede sempre che ciò avvenga perché male ne sia informato il Monarca; sin che il popolo sta in dovere tu ne godi, se si scuote sacrifichi i tuoi commessi e ti raddoppi la benevolenza. La superstizione è necessaria per sempre più contenere il popolo. I ministri del culto sono interessati a coltivarla, perché essa dà loro pane e considerazione. Bada a non screditarli, ma bada pure a contenerli. Quanto meno ha il popolo di religione e quanto ha più di superstizione, tanto più è sicura l’ obbedienza.
8)      La Religione illumina e rende virtuosi gli uomini, la loro virtù ha per oggetto l’ obbedienza a Dio Ottimo massimo scrutatore de’ cuori, che non lascia mai la virtù senza ricompensa e il vizio senza pena. La Religione insegna d’ adorar Dio colla beneficenza, colla tolleranza, colla bontà verso degli uomini nostri fratelli, c’ insegna d’ essere giusti, onesti, fedeli ai doveri, osservanti delle leggi, sinceri e buoni.
9)      La superstizione immerge nella notte degli errori, occupa l’ uomo di alcune pratiche di culto esterno, lo volge alla ipocrisia, lo scosta dalla virtù e gli fa sperare la sua felicità nella cieca deferenza a un fanatico direttore. L’ uomo religioso ragiona; l’ uomo fanatico odia chi ragiona, lo perseguita, lo maledice, lo sradicherebbe dal mondo se potesse. La superstizione tiene il popolo avvilito, è l’ annello nel naso del buffalo, non lo togliere se vuoi regnare lungamente.
10)  La tua Corte sia magnifica; il popolo è soggiogato dalla pompa e dalla maestà del Trono. Non essere facilmente visibile, la riverenza sarà maggiore; sia sempre corredato dal cerimoniale, sembrerai una divinità; coi tuoi cortigiani sia contegnoso e benefico con misura; la Corte è una lotteria, pochi guadagnano e molti vi si rovinano. Quando benefichi, tu ti fai un ingrato, ma di tempo in tempo conviene farlo per tenere in lena gli aspiranti.
11)  Se vuoi essere familiare, sialo con persone di nessuna nascita, non mai co’ nobili: i primi né sapranno né potranno abusarne. In somma persuadi ben bene a tutti che tu sei più che un uomo e sia tu stesso persuaso che gli altri sono meno che uomini. Osservali infatti e vedrai quanto poco basti a far loro perdere la ragione e stimali se è pure possibile! L’ uomo è un animale nato per servire ed essere deluso da un accorto signore. Se giugnesse a pensare tutto è rovinato. Veglia e impediscilo.

Testo inedito di Pietro Verri “Scritti politici della maturità”
Il testo, non datato, si può far risalire agli anni 1786-88 e riflette il distacco crescente di Verri dall’assolutismo illuminato degli Asburgo ma è così attuale da far venire i brividi

martedì 12 luglio 2011

Pensieri del mattino

Esiste un paese piccino picciò dal quale un tempo la democrazia se ne andò.
Un sovrano arrivò al suo posto e tutti, all'istante, mise al loro posto.
Io sono il magnifico, io sono il meglio e per voi farò questo e quello.
Il paese sara più bello
Ma non gli disse che il paese non sarebbe più stato il loro, ben diverso era il suo disegno.
Insieme al paese persero onore e dignità e, diciamolo, anche un poco di bontà.
Non c'è solidarietà o sorriso che tenga, solo la paura qui governa.
In tanti conigli trasformati i suoi sudditi se ne stanno beati.
Incapaci di vedere, e soprattutto di reagire.
La paura è una brutta bestia, più del lupo nero le loro menti appesta.
Speranza di uscirne non ce n'è
o forse si
alzando lo sguardo lontano da lì